Antonio Marciano è un artista di trent’anni residente a Saronno (VA). La sua ricerca, come quella di molti artisti, è strettamente riferita alle tappe della propria esistenza: nel caso specifico di Antonio questi percorsi e raggiungimenti sono completamente legati alla sua salute, essendo affetto da sclerosi multipla e avendo più volte combattuto con la leucemia, conseguenza delle cure mai interrotte. La sua dimensione di artista ha dovuto fare i conti con un’indisponibilità fisica e con una continua guerra con il tempo, negato, sospeso, privato. Così Antonio ha dapprima scelto una tecnica -quella dei chiodini giocattolo Quercetti- che fosse agevole ma anche che, punto a punto, usando i punti come marcatori del tempo, si prestasse alla sua capacità di fare immagine come il suo corpo si presta alla malattia e alla cura. L’idea che sia un gioco dedicato ai bambini a diventare il suo strumento espressivo e che siano i piccoli chiodini colorati a sublimare tanto dolore non deve far pensare ad un lavoro aspro o cupo alla lettura: le opere di Antonio sono invece visivamente sempre gioiose e semplicissime, immediate e piene di quello spirito necessario al grande impegno e ai piccoli trucchi che si agiscono nella continua partita con la vita che tutti noi conduciamo.
La sua prima produzione fu dedicata esplicitamente ai virus, ai fattori invisibili della malattia, alle cure aguzze, alle ombre della cura, alla solitudine, per annientare tutto ciò: appare infatti sempre nei lavori di Antonio molto colore, molta energia, un sorriso derisorio che abbatte l’incubo e consegna all’arte in forma di gioco per bambini la più violenta delle esistenze, quella condotta per resistenza.
La sua successiva produzione, elaborata in un momento assolutamente critico del suo percorso personale, fu dedicata al ritratto di amici e persone vicine, resi per tratti sommari ma definiti, che cogliessero il punto di forza dei propri cari restituendolo al mondo dell’immagine come icone imperiture, inattaccabili, eterne. E’ proprio la funzione dell’icona bizantina, quella di abbattere i tratti specifici di chi viene rappresentato per farne un’immagine salva dal tempo. Un regalo che Antonio ha pazientemente dedicato a molti suoi amici, combattendo la sua stessa fragilità e la sua continua minaccia di sparizione con un lavoro sull’amore e sul futuro, un tempo limite che gli sembrava negato e che Antonio, attraverso il suo lavoro di artista, ha cercato di sfondare.
Superata questa fase scoraggiante Antonio ha intrapreso un percorso incredibile in cui l’obiettivo è il superamento dei propri limiti e una tensione sempre più tenace verso il raggiungimento di mete negate. Marciano inizia così la serie delle “montagne”, luoghi impervi, eroici e bellissimi che lui non può raggiungere fisicamente ma che sono d’ispirazione per una nuova prospettiva di pensiero. Questa produzione è la prima di grandi dimensioni, calcolata in modo che superi la sua apertura di braccia, che sia qualcosa di più grande, in cui essere contenuto.
Questa dimensione tensione diventa eccellente nel progetto PLAY MY BLUE. Per questa occasione Antonio progetta di creare una stanza intera, un luogo che possa contenere più persone, in un’unica visone o esperienza, immersiva e condivisa da tutti. L’idea è che una delle possibili vette sia stata raggiunta e che questo avvenga grazie all’aiuto e alla partecipazione di altri, grazie al gioco, alla gioia, all’impegno di altre persone. Questa è infatti una dimensione molto presente nella vita di Antonio.
Il luogo che Marciano ha scelto per l’incontro tra il suo lavoro e i bambini è il Bì di Cormano, la Fabbrica del Gioco e delle Arti, dove il teatro, la biblioteca e la collezione di giocattoli sono a disposizione di numerosi bambini e scuole in un progetto didattico allargato e floridissimo dall’esito spettacolare.
FMC
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